CORTE DI CASSAZIONE
Principio di separazione tra indirizzo politico e gestione amministrativa e responsabilitá penale
Il caso di un Sindaco condannato per scorretta gestione di un centro di raccolta dei rifiuti.
La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza del 26 gennaio 2016, ha parzialmente riformato la decisione con la quale il Tribunale di Bergamo aveva affermato la responsabilità penale del Sindaco di un piccolo Comune in ordine al reato di cui all'articolo 256, comma 1, lett. a) e b) del D.L.vo n. 152 del 2006, perché gestendo un centro di raccolta rifiuti differenziati in modo difforme da quanto prescritto dal D.M. 8 aprile 2008 (modificato dal D.M. 13 maggio 2009) ometteva di predisporre una pavimentazione di calcestruzzo per l'impermeabilizzazione del fondo, una copertura per i rifiuti pericolosi, e di adottare tutta una serie di ulteriori interventi (sistemi per garantire la separazione dei rifiuti fino al conferimento all'impianto di smaltimento, nonché sistemi antincendio, ecc.) effettuando, di fatto, in mancanza della prescritta autorizzazione, lo stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi (quali batterie, frigoriferi, bombole di gas, motoveicoli fuori uso) e non pericolosi (quali plastica, metallo, cartone, materassi, cucine, pneumatici fuori uso).
Avverso tale pronuncia l’imputato proponeva ricorso per cassazione deducendo una serie di motivi, primo dei quali quello, relativo alla violazione di legge ed al vizio di motivazione, lamentando che la Corte territoriale, violando l'articolo 107 del D.L.vo n. 267 del 2000, non avrebbe considerato la separazione delle funzioni tra Sindaco, quale organo politico e dirigenza, quale organo tecnico amministrativo.
Osservava, a tale proposito, che il Sindaco è ordinariamente sprovvisto delle competenze tecniche giuridiche necessarie a gestire i complessi procedimenti amministrativi che connotano l'attività dell'Ente locale e, dunque, per poter correttamente ed efficacemente svolgere il suo mandato necessita del supporto dell'apparato tecnico burocratico, al quale è demandata anche l'attività cosiddetta di ordinaria amministrazione.
La Corte di cassazione, Sezione III, con sentenza n. 51576 del 15 novembre 2018, dichiarava inammissibile l’impugnazione osservando, in via preliminare che i fatti del processo riguardavano la gestione di un'area adibita alla raccolta di rifiuti che non poteva essere qualificata come centro di raccolta in senso proprio.
I giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che la giurisprudenza ha già avuto modo di prendere in considerazione la posizione del Sindaco rispetto all'attività di gestione di rifiuti, con riferimento proprio all'art. 107 del T.U.E.L., al comma 1, osservando che ai dirigenti degli Enti locali spetta la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, i quali dirigenti devono uniformarsi al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
Richiamando i contenuti di precedenti pronunce, si è a tale proposito affermato che sebbene la disposizione in esame distingua tra í poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, demandati agli organi di governo degli Enti locali e compiti di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, attribuiti ai dirigenti, cui sono conferiti autonomi poteri di organizzazione delle risorse, strumentali e di controllo, è evidente che il Sindaco, una volta esercitati i poteri attribuitigli dalla legge, non può semplicemente disinteressarsi degli esiti di tale sua attività, essendo necessario, da parte sua, anche il successivo controllo sulla concreta attuazione delle scelte programmatiche effettuate; egli ha, inoltre, il dovere di attivarsi quando gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico-operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l'integrità dell'ambiente.
Tale principio, che il Collegio ha condiviso, è stato ribadito e ritenuto applicabile anche alla fattispecie in esame.
Invero, non soltanto non è stato individuato, in modo specifico, nel ricorso, il dirigente al quale avrebbe dovuto essere attribuita, secondo la prospettazione difensiva, la responsabilità della gestione dell'area destinata a ricevere i rifiuti (che avrebbe peraltro richiesto anche l’effettiva sussistenza dei necessari presupposti degli autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo), ma risulta anche accertato in fatto, dai giudici del merito, la piena consapevolezza, da parte del Sindaco, della reale situazione e, ciò nonostante, del volontario mantenimento in funzione dell'area di raccolta fino alla emissione di una ordinanza con la quale se ne disponeva la chiusura dopo l'intervento del Corpo Forestale.
Rilevavano infatti i giudici dell'appello che l'imputato aveva assunto la carica di Sindaco nel 2004, mantenendola per due mandati, che si era preoccupato, nel 2009, di reperire fondi per coprire parte degli oneri economici necessari per la realizzazione di un centro di raccolta a norma di legge e, una volta ottenuti, con delibera di giunta del 2010, era stato approvato il relativo progetto, con variante al PGT approvata dal Consiglio comunale individuando un'area da destinare a piattaforma ecologica.
Tale evenienza dimostra non soltanto la perfetta cognizione, da parte del Sindaco, delle condizioni in cui veniva gestita la raccolta dei rifiuti nell'area poi oggetto di controllo da parte della polizia giudiziaria e la volontà di consentire la prosecuzione di tale attività, ma anche una diretta ingerenza nello svolgimento dell'attività medesima e la conoscenza delle disposizioni che regolano la gestione di rifiuti.
Conseguentemente, l'affermazione di responsabilità dell'imputato, confermata dalla sentenza impugnata, è apparsa alla Corte di legittimità del tutto immune da censure.
Rodolfo Murra
(20 novembre 2018)
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