CONSIGLIO DI STATO
Lottizzazione abusiva: é sempre vero che non occorre la comunicazione di avvio del procedimento?
L'omissione procedimentale, per il Supremo Consesso, non si rivolve in un mero vizio formale.
Un cittadino impugnò dinanzi al T.A.R. Latina il provvedimento col quale nel 2011 un Comune ha accertato a suo carico una lottizzazione abusiva, respinto la domanda di condono edilizio relativa ad un manufatto (costituito da un prefabbricato in legno poggiante su blocchetti di cemento), ordinato la sospensione dei lavori ed acquisito al patrimonio del Comune le opere ed i terreni di sua proprietà.
Con sentenza del settembre 2012 il T.A.R. adito ha respinto il ricorso ravvisando la sussistenza di una lottizzazione cosiddetta mista, e cioè cartolare - a mezzo del frazionamento del terreno - e materiale - a mezzo della costruzione del manufatto ed alle altre opere e ritenendo e che la condotta del ricorrente, consistente nell'acquistare il terreno dopo il suo frazionamento e nel realizzare l'opera abusiva, non sarebbe stata connotata da buona fede, non potendo egli ignorare l'assetto complessivo dell'area in cui la sua attività giuridica (acquisto del bene) e materiale (abuso edilizio) si inseriva.
Gli eredi del ricorrente, medio tempore deceduto, appellavano la sentenza di primo grado reiterando il motivo per il quale l’atto sanzionatorio comunale era viziato, a loro dire, per omessa comunicazione di avvio del procedimento.
Il gravame è stato accolto dalla VI Sezione con sentenza del 18 marzo 2019.
Come noto, l’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001 disciplina due diverse ipotesi di lottizzazione abusiva: ricorre la lottizzazione abusiva c.d. "materiale" con la realizzazione di opere che comportano la trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, sia in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, ovvero di quelle stabilite direttamente in leggi statali o regionali, sia in assenza della prescritta autorizzazione; si ha, invece, lottizzazione abusiva "formale" o "cartolare" quando, pur non essendo ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono già realizzati i presupposti con il frazionamento e la vendita - o altri atti equiparati - del terreno in lotti che, per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione dei lotti stessi, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l'ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, o per altri elementi, evidenzino in modo non equivoco la destinazione ad uso edificatorio.
La giurisprudenza ha chiarito che è ravvisabile l’ipotesi di lottizzazione abusiva solamente quando sussiste “un quadro indiziario, sulla scorta degli elementi indicati dalla norma, dalla quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere dalle parti”.
In altri termini, ai fini dell’accertamento della sussistenza del presupposto di cui alla norma citata non è sufficiente il mero riscontro del frazionamento di un terreno, ma sussiste anche la necessità di acquisire un sufficiente quadro indiziario dal quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere dalle parti.
Per tali ragioni, l’individuazione della lottizzazione abusiva presuppone l’accertamento di una serie di elementi, accertamento che implica indagini complesse che impongono la necessaria partecipazione dei soggetti interessati al relativo procedimento, per cui deve essere consentita ad essi la proposizione delle rispettive osservazioni e deduzioni: ciò anche se al provvedimento di cui all’art. 30 del T.U. dell’edilizia deve comunque riconoscersi una indubbia natura vincolata, atteso che lo stesso deve essere preceduto dal mero accertamento della realtà materiale ed è destinato ad incidere, con funzioni di qualificazione giuridica, su di essa con provvedimenti che potranno poi comportare l’adozione di successivi provvedimenti di acquisizione delle aree lottizzate.
Ne consegue che, in termini generali, l’inizio del procedimento sanzionatorio per lottizzazione abusiva non può prescindere dalla comunicazione di avvio del procedimento stesso; infatti, essendo molteplici gli elementi che caratterizzano la lottizzazione abusiva, la loro verifica implica un accertamento complesso al quale i soggetti interessati possono utilmente cooperare, restringendo, pertanto, lo spazio entro il quale può trovare applicazione la norma di cui dell'art. 21 octies comma 2 L. 241 del 1990.
Il Giudice di prime cure, applicando l'art. 21 octies comma 2 L. 241/1990, ha ritenuto ininfluente la partecipazione dell’interessato al procedimento: ma in ciò ha commesso un errore.
Infatti, nella vertenza in esame l’omissione procedimentale, lungi dall’integrare un mero vizio formale, ha di fatto precluso un idoneo approfondimento istruttorio delle questioni sollevate dal ricorrente, alcune delle quali bisognose di un adeguato riscontro concreto.
In particolare, già nel ricorso originario, al fine di contestare la sussistenza sia oggettiva che soggettiva della lottizzazione abusiva, il ricorrente aveva allegato che:
a) il terreno in questione era stato frazionato nel 1983 a seguito dello scioglimento della comunione ereditaria e l'atto di trasferimento in favore del ricorrente stesso era avvenuto dieci anni dopo (1993);
b) la superficie del terreno trasferito era 2.500 mq., di gran lunga superiore al lotto standard edificabile, che è di 400/500 mq;
c) perdurava la destinazione agricola del terreno, così come risultava dalla perizia giurata prodotta in causa;
d) la presenza di una strada, valorizzata anche dal T.A.R., sarebbe in realtà un piccolo tratturo in terra necessario per raggiungere i fondi, perimetrato da una rete metallica con pali infissi al suolo senza uso di malta cementizia, a conferma della permanente destinazione agricola della zona;
e) il manufatto abusivo, lungi dall'indicare una intenzione di stravolgere la destinazione del fondo, fungerebbe solo da ricovero per attrezzi agricoli e da modesto riparo per il proprietario.
Alla luce delle considerazioni esposte, il Giudice di appello ha potuto affermare che nel caso in esame la violazione dell’art. 7 della L. 241 del 1990 esplica un effetto invalidante sul provvedimento di diniego impugnato.
Infatti, la comunicazione di avvio del procedimento, onde non ridurla a mero simulacro del principio del contradditorio, deve essere intesa quale strumento idoneo a consentire un approfondimento valutativo delle questioni ed una maggiore trasparenza nell’azione amministrativa. Ne consegue che, nel caso di specie, la sua omissione da parte del Comune, lungi dall’atteggiarsi a vizio meramente formale, è tale da potenzialmente pregiudicare dal punto di vista sostanziale gli interessi degli appellanti.
Mattia Murra
(18 marzo 2019)
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