Corte di Cassazione
Social network: gli screenshots ed il reato di sostituzione di persona
Sí all'acquisizione di messaggi sms attraverso la realizzazione di una fotografia dello schermo del cellulare
È "legittima l'acquisizione come documento di messaggi 'sms' mediante la realizzazione di una fotografia dello schermo di un telefono cellulare sul quale gli stessi sono leggibili (…) «non è imposto alcun adempimento specifico per il compimento di tale attività, che consiste nella realizzazione di una fotografia e che si caratterizza soltanto per il suo oggetto, costituito appunto da uno schermo» sul quale sia visibile un testo o un'immagine«non essendovi alcuna differenza tra una tale fotografia e quella di qualsiasi altro oggetto».(…)"
È questo il principio ribadito dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza del 30.3.2021 che, dopo aver dato il via libera alla produzione in giudizio degli screenshots, procede nella descrizione del delitto di sostituzione di persona che risulta integrato dalla condotta di colui che crea ed utilizza un "profilo" su "social network", servendosi abusivamente dell'immagine di un diverso soggetto, inconsapevole, in quanto idonea alla rappresentazione di un'identità digitale non corrispondente al soggetto che ne fa uso.
La descrizione di un profilo poco lusinghiero sul "social network" - ad avviso della Corte- evidenzia sia il fine di vantaggio, consistente nell'agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete, sia il fine di danno per il terzo, di cui è abusivamente utilizzata l'immagine e comporta che gli utilizzatori del servizio vengano tratti in inganno sulla disponibilità della persona associata all'immagine a ricevere comunicazioni a sfondo sessuale o sentimentale.
Inoltre, i Giudici di palazzaccio si occupano del reato di illecito trattamento dei dati personali previsto e punito dall'art. 167 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 che è integrato dall'ostensione di dati personali del loro titolare ai frequentatori di un social network attraverso l'inserimento degli stessi, previa creazione di un falso profilo, sul relativo sito. In tal caso, infatti,
il nocumento che ne deriva al titolare medesimo s'identifica in un qualsiasi pregiudizio giuridicamente rilevante di natura patrimoniale o non patrimoniale subito dal soggetto cui si riferiscono i dati protetti oppure da terzi quale conseguenza dell'illecito trattamento. Peraltro, in punto di integrazione del detto delitto, la Suprema Corte ha ritenuto infondate le censure relative all'essere l'immagine della persona offesa di dominio pubblico: il profilo 'Facebook' della persona offesa, in cui l'immagine stessa era postata, non può, infatti, per costante giurisprudenza, qualificarsi come un luogo virtuale pubblico, in quanto protetto da particolari misure atte a non consentirne l'accesso se non a persone previamente selezionate dal titolare del profilo stesso.
Paolo Romani
Per approfondire scarica la sentenza
Fonte : Massimario G.A.R.I.
La Direzione
(6 aprile 2021)
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