Burocrazia
Renzi alle prese con la "grande muraglia" dei decreti attuativi
La verve e la velocita' di esecuzione del Premier si scontrano contro il muro dei "decreti inattuati", che bloccano l'entrata in vigore dei provvedimenti
Dopo la brutta notizia dei dati sul Pil (-0,2%) ed il severo giudizio di Mario Draghi, il Premier Matteo Renzi ha reagito nel modo consueto : “dobbiamo accelerare sulle riforme”. Su questo sono praticamente d’accordo tutti gli analisti e l’ha detto con estrema chiarezza anche Alan Friedman sul Corriere delle Sera .
In sostanza, per l’economista statunitense l’Italia arranca perché non ha fatto le riforme che altri hanno, invece, realizzato e che hanno consentito loro (Spagna, Irlanda, Portogallo e, udite udite, anche la Grecia) di superare il momento più difficile e di poter guardare con un po’ di speranza al futuro.
Purtroppo, per Friedman, non è così per il nostro Paese, dove fare impresa, affari, cioè produrre, creare occupazione e via di questo passo è più complicato di qualsiasi altro luogo nel mondo occidentale.
Naturalmente, non tutte le riforme sono uguali e, su questo, molti analisti ed opinionisti -compreso il direttore del Sole 24 Ore- non sono d’accordo sulle priorità che si è dato Matteo Renzi; convinti, al contrario, che si dovesse partire con i provvedimenti in grado di incidere immediatamente sul ciclo economico, come ad esempio quelli del mercato del lavoro.
Ad ogni buon conto, lasciando da parte la questione delle priorità, il Presidente del Consiglio rischia di accelerare inutilmente sulla strada del cambiamento e delle necessarie riforme se, poi, i provvedimenti che vengono adottati non entrano in vigore per la mancanza dei c.d. “decreti attuativi”, cioè di tutte quelle norme di secondo livello che, in sostanza, rallentano o rendono “inapplicabili” le leggi approvate.
Il Quotidiano della P.A. si è occupato della questione in più occasioni e ieri l’ha affrontata anche il Fatto Quotidiano, con un articolo di Thomas Mackinson, che ha riportato le dichiarazioni della responsabile dell'Ufficio per il Programma di Governo (UPG), dalle quali risulta che a metà luglio, dopo poco meno di cinque mesi di vita, “i decreti inattuati imputabili al Governo Renzi erano già 148”.
Quindi, non c’è più solo la pesante eredità lasciata in questo campo dai Governi Monti e Letta (889 decreti inattuati, ridotti a 543 solo perché sono scaduti i termini); ora comincia ad accumularsi -destinato purtroppo ad aumentare in maniera esponenziale- anche il carico dei “provvedimenti inattuati” dell’esecutivo Renzi. Basti pensare che sono già 14 i Regolamenti i cui termini sono scaduti, come ad esempio quello del Durc semplificato.
Intervistato su questo tema qualche mese fa, l’ex Ministro Franco Bassanini ha allargato le braccia, richiamando l’esempio di una norma approvata dal Governo Letta in tema di “carta d’identità elettronica”, che tuttavia era stata approvata già oltre 14 anni prima da un Esecutivo di cui lui stesso faceva parte, ma che non era stata seguita dagli indispensabili decreti attuativi.
Il Premier ha tentato di scuotere questo immobilismo, immaginando di costituire una sorta di “task force” con il compito di smaltire il lavoro arretrato e ipotizzando di investire il Ministro Maria Elena Boschi con i c.d. “poteri sostitutivi” nei confronti dei colleghi di Governo “inerti”, ma poi -in concreto- non se ne è fatto più nulla, dopo un Consiglio dei Ministri definito dallo stesso Premier particolarmente “acceso”.
Probabilmente Matteo Renzi comincia a pensare che è più facile superare l’ostruzionismo in un’Aula Parlamentare (soprattutto se si applica il “canguro”), che abbattere il muro dei “decreti inattuati” che impedisce alle norme approvate di entrare in vigore.
Moreno Morando
(8 agosto 2014)
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