Lotta alla burocrazia
Non serve approvare le leggi se poi non seguono i decreti attuativi
La giungla normativa e' un male tutto italiano, ma gran parte delle norme resta bloccato per anni con gravissimi danni per cittadini ed imprese
In Italia si sente parlare da decenni di giungla normativa. Forse il primo a realizzare uno studio organico della materia è stato il prof. Sabino Cassese, almeno 20 anni fa, rivelandoci che le norme vigenti nel nostro Paese erano almeno 150.000, contro le 7.325 della Francia e le 5.587 della Germania.
Da quel momento sono stati in tanti a partecipare alla corsa a chi “semplifica di più”, ma i risultati sono stati a dir poco deludenti. Il prof. Alessandro Pajno si è interessato a lungo di questa questione, ma alla fine si è convinto che, in realtà, gli interventi sono stati assolutamente inefficaci. Se è vero, infatti, che negli ultimi anni sono stati tagliati 67.872 atti normativi di varia natura, va anche precisato che si trattava di norme già disapplicate da tempo.
Ad esempio, quattro anni fa l’allora ministro della Semplificazione Roberto Calderoli si è fatto riprendere in una caserma dei vigili del fuoco con un lanciafiamme, mentre “bruciava” ben 350.000 norme (ma non erano 150.000?). Si è notato qualche miglioramento da allora? Direi proprio di no.
La verità è quella che ha evidenziato Sergio Rizzo in un ottimo articolo sul Corriere della Sera, nel quale faceva notare che dal 1994 al 2008 sono stati adottati 5.868 provvedimenti di semplificazione, ai quali -tuttavia- sono seguite 6.655 “misure di complicazione” : cioè 787 in più!
Nelle ultime settimane è stata diffusa la relazione della Commissione Tabacci, creata per monitorare la situazione in questo settore, ma le conclusioni sono, a dir poco, desolanti. Infatti, in Italia, a fronte dell’abrogazione di 10 norme, ne entrano in vigore altre dodici, ma senza che molte di esse diventino operative, a causa dei c.d. decreti attuativi “dimenticati”. Si pensi che dal 4 febbraio ad oggi sono stati adottati poco più di 500 adempimenti, dei 1.277 necessari, per mettere in moto le norme approvate durante i governi presieduti da Mario Monti ed Enrico Letta.
Per il resto la relazione della Commissione Tabacci descrive una situazione drammatica, a causa della frammentazione delle competenze, delle procedure, dei moduli diversi, con costi esorbitanti che pesano sulle spalle di cittadini ed imprese. In questo senso, le soluzioni adottate, fin dal 1998, come quella dello “Sportello Unico”, non sono ancora pienamente efficaci , mentre potrebbero costituire uno strumento adeguato, se non proprio risolutivo.
Che dire poi, dopo tante promesse, della nostra arretratezza tecnologica, che ci costringe ad un confronto avvilente con i nostri concorrenti? L’Agenda digitale -che avrebbe dovuto rivoluzionare i rapporti tra cittadini, imprese e P.A.- è sostanzialmente bloccata, dato che -fino a qualche giorno fa- erano stati adottati solo 17, dei 55 adempimenti necessari.
La colpa è della burocrazia, d’accordo, ma il Governo ha tanti strumenti per invertire la rotta e cambiare le cose. La prima cosa da fare è evitare di dare l’impressione alla gente che il problema sia risolto con l’adozione di un atto normativo, perché quello, in realtà, è solo l’inizio del percorso, non la fase finale.
L’ex-ministro Franco Bassanini ha spiegato in un intervista ad Alain Friedman, che il Governo Letta ha adottato dei provvedimenti in tema di carta d’identità elettronica che erano già stati decisi oltre 14 anni fa dall’Esecutivo di cui lui faceva parte, ma per i quali non erano mai stati adottati i decreti attuativi. E chissà quanti altri casi simili ci sono.
Sono queste le cose che vanno cambiate. Insomma, servono poche chiacchiere e tanti fatti concreti per risolvere i problemi pratici di cittadini ed imprese.
Il Governo Renzi si è fatto carico di tutta questa serie di problematiche e la ministra Madia ha rilasciato dichiarazioni incoraggianti in questo senso. Aspettiamo, quindi, con fiducia che si passi all’azione.
Moreno Morando
(25 aprile 2014)
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