Danno erariale
Finanzieri che chiudevano un occhio sui controlli, condannati dopo 23 anni
Condannati dalla Corte dei Conti "anziani" finanzieri responsabili per aver omesso, nel 1991, controlli fiscali presso un concessionario automobilistico.
Sono sei gli ex finanzieri condannati - con la sentenza n. 117/2014 del 20 ottobre dalla Corte dei Conti, sezione Liguria - a risarcire 303.321,00 € al Ministero dell’Economia in quanto, nel lontano 1991, in occasione della verifica fiscale nei confronti di un concessionario di auto avevano, con grave deviazione dalle funzioni, indotto, in concorso fra loro, il presidente del consiglio di amministrazione della società a consegnare loro indebitamente la somma complessiva di 195 milioni di Lire in contanti in cambio del “chiudere un occhio” su alcune irregolarità fiscali.
Il copione non è certo nuovo. I militari con fare intimidatorio, prospettandosi un abuso del potere, erano stati pagati per evitare che emergessero i reati (alcuni effettivamente accertati altri solo paventati) di omesse annotazione dei corrispettivi nei registri contabili ed irregolarità sui pagamenti dell’IVA, consentendo, peraltro, all’operatore addetto, di stampare successivamente i registri e in modo da fare risultare le carte (almeno formalmente) in regola.
La circostanza di questa vicenda che può lasciare stupiti è che, nonostante i procedimenti penali siano stati chiusi per prescrizione, i fatti del 1991, trasmessi lo stesso anno dalla Procura della Repubblica di Genova alla Procura regionale della Corte dei conti, siano stati oggetto di invito a dedurre (la formale contestazione) solo nel novembre 2013.
Verrebbe da pensare: il procedimento penale è prescritto, sono passati più 20 anni dai fatti contestati, cosa pretendere dai finanzieri ormai in pensione?
Dicono i giudici: “nel caso di specie sussistono tutti i requisiti che la legge richiede per l’affermazione della responsabilità dei convenuti”.
Riguardo il trascorrere del tempo, viene chiarito che il termine di prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità per danno erariale, che nell’ipotesi di fatti dannosi accertati a seguito di indagine penale decorre dalla data del decreto di rinvio a giudizio (maggio 2000), era stato validamente interrotto dagli atti di costituzione in mora notificati a due dei sei finanzieri. In questi termini gli effetti interruttivi della prescrizione si estendevano anche agli altri convenuti al medesimo titolo.
Per riconoscere una responsabilità erariale, poi, non importa che gli atti relativi ai procedimenti penali si fossero conclusi con sentenza di “non luogo a procedere”.
I fatti emersi sono liberamente valutabili dal giudice contabile ed in tale quadro probatorio è emerso chiaramente la responsabilità dei chiamati in giudizio.
Si legge nella sentenza: “accertato, pertanto, l’infedele comportamento dei verificatori, e la conseguente sussistenza di un danno alla finanza pubblica, atteso che secondo l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di tangenti, le prestazioni illecitamente corrisposte da soggetti privati e percepite da pubblici operatori in materia fiscale hanno quale intuitiva ed ineludibile controprestazione, favoritismi ed irregolarità volti a sottrarre materia imponibile o comunque ad impedire o disturbare il puntuale e proficuo svolgimento delle procedure accertative e di verifica del soddisfacimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti, (…) per quanto concerne la materiale quantificazione dello stesso, si osserva che la richiesta del P.M. contabile è limitata alle conseguenze dannose derivanti dall’omessa contestazione delle violazioni amministrative riguardanti la mancata annotazione dell’IVA sui registri tenuti con sistemi meccanografici.”
Quale danno alle casse dello Stato allora deve essere risarcito?
Data la circostanza secondo la quale le scritture contabili della società erano state stampate (allora la contabilità era tenuta con sistemi meccanografici), seppur in ritardo, i giudici hanno ritenuto che l’IVA e le varie imposte dovute, risultavano comunque annotata e che non potesse provarsi con certezza un mancato versamento.
In questi termini, conclude quindi la Corte Ligure, il danno di cui ora risponderanno in solido gli ex militari, per aver ognuno contribuito, è rappresentato dalla cifra corrispondente a quella derivante mancato pagamento da parte del concessionario di auto della pena pecuniaria che doveva essere irrogata e che non lo è stata a causa della “leggerezza” del controllo.
La somma da risarcire è stata quantificata nella misura minima di lire 587.311.402, (pari ad euro 303.321,00).
Luca Tosto
(22 ottobre 2014)
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