Giudizio elettorale
Voto di preferenza: la deformazione del cognome o nome del candidato
La riconoscibilità dell'elettore nella sentenza del Consiglio di Stato del 11.12.2015 n. 5652.
Nella vicenda giunta all'attenzione del Consiglio di Stato, l'appellante lamenta la confusa indicazione, su diverse schede elettorali, del cognome del candidato della lista n. 1 e l'esistenza di 5 schede che tra il nome e il cognome dello stesso candidato inseriscono un punto e lo ripetono dopo il nome; di due che pongono un trattino tra nome e cognome; di due che pongono un punto tra nome e cognome e sostiene che l'accoglimento dell'appello sul punto consentirebbe di sottrarre i relativi voti alla lista n. 1.
In ordine a tali schede, non contestate individualmente, il T.A.R. ha evidenziato che "l’intenzione di farsi riconoscere non può scorgersi in schede caratterizzate “dall’indicazione fin troppo corretta” di nome e cognome del candidato", né può rilevare che in alcuni casi, come quelli richiamati nell'appello, nome e cognome siano separati da trattino o virgola o chiusi da un punto.
L'articolo 69, comma 2, del testo unico approvato con il D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, sancisce la nullità dei voti contenuti nelle schede che "presentano scritture o segni tali da far ritenere, in modo inoppugnabile, che l'elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto", ma nella specie, il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, nella sentenza del 11.12.2015 n. 5652 ha affermato che risulta plausibile che l'imprecisione in cui sono incorsi gli elettori sia frutto di errore.
L'espressione del voto di preferenza, infatti, è resa difficile sia dalla scarsa capacità di trascrivere il nome del candidato prescelto, sia per dall'eventuale limitata scolarizzazione dell'elettore, ma anche da difficoltà linguistiche e, nel caso trattato, sono stati ammessi al voto anche diversi elettori di origine straniera.
Soccorre al riguardo la giurisprudenza secondo cui nel procedimento elettorale la deformazione del cognome o del nome di un candidato, o anche l'incertezza nella relativa indicazione, si possono spiegare con una scarsa dimestichezza del votante con la scrittura o con un'inesatta memoria del nome, ma “non dimostrano in maniera inoppugnabile la volontà dell'elettore di rendere riconoscibile il proprio voto".
Le schede in questione non possono, poi, che essere attribuite alla lista n. 1, essendo caratterizzate da una chiara indicazione, riportando il crocesegno su tale lista
Fonte: Consiglio di Stato
Enrico Michetti
La Direzione
(13 dicembre 2015)
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