Jobs act e altro
Martedi' l'incontro Renzi-Sindacati e si prevedono scintille
Il confronto avviene nel momento in cui il gradimento delle OO.SS. e' al punto piu' basso degli ultimi decenni.
Matteo Renzi, venerdì scorso, a Ferrara, ha annunciato che incontrerà i sindacati a Palazzo Chigi, martedì, cioè proprio il giorno in cui ripartirà al Senato la discussione sul Jobs act. Per la precisione, il Premier ha detto di voler incontrare i sindacati “a patto che questi cambino”.
In realtà, i temi principali Matteo Renzi li aveva già annunciati nella riunione della Direzione del suo partito e non riguardano certamente solo l’argomento scottante dell’art.18 oppure quello del Tfr in busta paga. Infatti, lui intende discutere anche della legge sulla rappresentanza sindacale, dei contratti aziendali e del salario minimo. In pratica, di tutti gli argomenti sui quali i sindacati stessi sono divisi al loro interno; ma uniti nell’opporsi, chi più chi meno, al progetto del Presidente del Consiglio.
In effetti, Renzi sembra sempre di più attratto da quello che viene definito “il modello Fiat”, che ha finito per dividere profondamente il fronte sindacale e che è stato attuato da Marchionne in rotta di collisione con la Cgil ed, in particolare, con la Fiom di Maurizio Landini.
In questo tipo di modello il contratto di secondo livello (aziendale), in sostanza, può prevalere su quello nazionale se è sottoscritto dai sindacati che rappresentino la maggioranza. E’ la proposta che da anni porta avanti il giuslavorista Pietro Ichino, che in realtà finisce per togliere potere alle strutture centrali del sindacato; che per questo motivo la osteggiano.
In modo particolare, la Cgil di Susanna Camusso, pur essendo favorevole ad una legge che definisca la rappresentanza sindacale, non ne vuol proprio sapere di iniziative che finiscano con lo scardinare la contrattazione nazionale. Molto più possibilista la Cisl, che tuttavia, da mercoledì, avrà un nuovo segretario nazionale, in sostituzione di Raffaele Bonanni. Come al solito, molto pragmatica la posizione della Uil di Angeletti -anche lui in uscita-, sostanzialmente disponibile al confronto con il Governo su questi temi.
Quanto al salario minimo da fissare a livello nazionale, proprio per lasciare spazio alla contrattazione di secondo livello, si registra la contrarietà della Cgil e l’accoglienza tiepidissima della Cisl. Da questo punto di vista, c’è comunque da registrare che il progetto di Renzi ha già sortito l’effetto di dividere ulteriormente il fronte sindacale.
A questo proposito, non sembra affatto casuale che Renzi -che finora, secondo i vari sondaggi, ha sempre dimostrato una grande sintonia con l’elettorato- abbia adottato una strategia molto provocatoria nei confronti delle organizzazioni sindacali, che continua ad accusare di aver contribuito ad ingessare il Paese.
La conferma viene dalla ricerca di Ipsos per il Corriere della Sera, illustrata da Nando Pagnoncelli. Da essa risulta che, ormai, la maggioranza degli elettori intervistati ritiene che il sindacato italiano non sia più in grado di rappresentare le istanze di giovani, precari e disoccupati. Infatti, la maggioranza degli iscritti è formata da pensionati.
Sostanzialmente, questo sondaggio conferma quanto dichiarato a più riprese dal Premier e segretario del PD, che continua ad accusare i sindacati di essere solo in grado di rappresentare i “garantiti” (pensionati, dipendenti pubblici e di grandi aziende); ma di non avere il coraggio e la propensione a mettersi in gioco, per cercare di imboccare la strada del cambiamento, nella speranza di creare le condizioni per garantire un futuro migliore a chi oggi il lavoro non ce l’ha.
In sostanza, se queste sono le premesse, tra art.18, Tfr, legge sulla rappresentanza, contratti aziendali e salario minimo, si prevedono scintille nell’incontro che il Premier avrà martedì con le rappresentanze sindacali.
Moreno Morando
(5 ottobre 2014)
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