Inchieste
Indagati i vertici di Eni per una maxitangente in Nigeria
La procura di Milano ha disposto assieme alla Corte di Londra il sequestro di 190 milioni di euro che si ipotizzano essere parte di una tangente pagata dai vertici di Eni per l'acquisto di una concessione petrolifera in Nigeria.
Che nel settore dell'O&G maxi fee per intermediazioni e consulenze possano spesso raggiungere più di sei zeri non è una novità. Per la Procura di Milano invece l'Eni avrebbe pagato una vera e propria "tangente" per l'acquisizione di una licenza petrolifera in Nigeria. L'ipotesi è quella di corruzione internazionale. L'ad di Eni Descalzi è sotto inchiesta assieme al nuovo capo della Divisione esplorazioni, Roberto Casula, Paolo Scaroni (ex numero uno del gruppo) e al faccendiere Luigi Bisignani.
Su richiesta della Procura di Milano, l'autorità giudiziaria inglese ha sequestrato a un intermediario nigeriano due depositi anglo-svizzeri da 110 e 80 milioni di dollari, un sesto circa di quello che nel 2011 Eni avrebbe pagato al governo nigeriano per la concessione del campo di esplorazione petrolifera Opl-245 della società Malabu, per la precisione 1 miliardo e 90 milioni.
I fatti contestati risalgono al 2010, quando le intercettazioni emerse nell'ambito delle inchieste napoletane dei pm Curcio e Woodcock avevano messo in evidenza i nessi tra la galassia Bisignani e Scaroni, interessati alla concessione petrolifera nigeriana detenuta dalla società Malubu, riconducibile a Dan Etete, l'ex ministro del petrolio.
In quella fase le trattative non andarono a buon fine. Solo nell'aprile del 2011 Eni acquistò per 1 miliardo e 90 milioni di dollari per avere il giacimento (in partnership con Shell) direttamente dal governo. Il FattoQuotidiano riporta tuttavia l'ipotesi dei pm milanesi - che non è dato capire su quali basi sia fondata - secondo i quali, addirittura, il prezzo di 1 miliardo e 90 milioni sarebbe stato interamente una sorta di megatangente, i cui destinatari finali sono ancora da rintracciare.
In un comunicato emesso ieri dall'azienda, "Eni ribadisce la sua estraneità da qualsiasi condotta illecita in relazione all'indagine preliminare avviata dalla Procura di Milano sull'acquisizione del blocco Opl 245 avvenuta nel 2011". La società sottolinea "di aver stipulato gli accordi per l'acquisizione del blocco unicamente con il governo nigeriano e la società Shell. L'intero pagamento per il rilascio a Eni e Shell della relativa licenza è stato eseguito unicamente al governo nigeriano". Il gruppo inoltre aggiunge che "da documenti notificati ieri alla società nell'ambito di un procedimento estero che dispone il sequestro di un conto bancario di una società terza su richiesta della Procura di Milano, risultano indagati "l'amministratore delegato e il direttore operazioni e tecnologie. Eni sta prestando la massima collaborazione alla magistratura e confida che la correttezza del proprio operato emergerà nel corso delle indagini".
L'indagine a orologeria della Procura di Milano arriva a ridosso dell'ipotesi di quotazione di un 5% di Eni detenuto dal Ministero dell'Economia. Una vera e propria tegola che minaccia i potenziali guadagni ipotizzati dal ministro Gian Carlo Padoan.
Francesco Colafemmina
(12 settembre 2014)
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