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Stato civile

Il coniuge cambia sesso, ma il matrimonio non si scioglie

La Cassazione lo ha stabilito nei confronti di una coppia già sposata che ha deciso di mantenere fermo il rapporto affettivo.

Due coniugi avevano proposto domanda al Tribunale di rettificazione ed attribuzione di sesso femminile. Il Tribunale adito, nell’accogliere la domanda, disponeva la rettificazione con modifica dal maschile al femminile del prenome ed ordinava all’ufficiale di stato civile di provvedere alla modifica dell’atto nascita. La rettifica è stata annotata anche a margine dell’atto di matrimonio con la specificazione della intervenuta cessazione degli effetti civili ai sensi ed effetti degli artt. 2 e 4 della legge n.164 del 1982.

La coppia in esame, volendo mantenere fermo il loro rapporto, proponeva ricorso al Tribunale chiedendo la cancellazione di quest’ultima annotazione. Il Tribunale accoglieva il ricorso ma la corte di Appello, su reclamo del Ministero dell’interno, rigettava la domanda. Avverso tale ultima decisione gli originari ricorrenti adivano la  Corte di Cassazione.

La  Suprema Corte rimetteva gli atti alla Corte Costituzionale per risolvere la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 l.164 del 1982 che in questi casi prevedono lo scioglimento delmatrimonio.

La Corte Costituzionale si è pronunciata con la sentenza  di accoglimento n. 170 del 2014, dichiarando l’illegittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge n.164 del 1982, con riferimento all’art. 2 Cost, nella parte in cui, disponendo la cessazione automatica degli effetti civili del matrimonio, non prevedono nel contempo la possibilità per gli ex coniugi, che lo volessero, di mantenere in vita la convivenza sia pure in altra forma giuridicamente tutelata con riguardo ai diritti e agli obblighi della coppia medesima.

La Corte di Cassazione, con sentenza n.8097/2015, ha inteso dare attuazione al principio, accogliendo il ricorso e così disponendo la cancellazione dell’annotazione dell’avvenuto cambiamento di sesso a margine dell’atto di matrimonio.  

La Suprema Corte, sulla scorta della decisione della Corte Costituzionale, ha ritenuto che il patrimonio affettivo radicatosi e cristallizzatosi nel corso degli anni matrimoniali non può svaporare e perdersi del tutto in ragione della mancata regolamentazione da parte del legislatore delle situazioni familiari in esame , con la consapevolezza che l’accoglimento del ricorso comporta per le parti ricorrenti vittoriose la conservazione “dei diritti e dei doveri conseguenti al vincolo matrimoniale legittimamente contratto,  fino a quando il legislatore non  consenta ad esse di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi”.

E’ una conservazione del “modello matrimoniale”, questo la Corte di Cassazione ha voluto da ultimo sottolineare, “sottoposta alla condizione temporale risolutiva costituita dalla auspicata nuova regolamentazione da parte del legislatore”.

Un’ultima considerazione a necessaria precisazione, la Corte di Cassazione, nella parte motiva, ha evidenziato che l’attribuzione conservativa dei diritti e doveri tipici dell’istituto matrimoniale deve essere riferita alle sola fattispecie descritta e non dunque a tutte le unioni omoaffettive di fatto.

In altri termini, il principio di tutela deve essere riferito “al nucleo affettivo e familiare che avendo goduto legittimamente dello statuto matrimoniale” non può ritrovarsi degradato a rapporto radicalmente privo di tutela.

Luigi Marcelli

(25 maggio 2015)

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