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Tar Calabria

Appalti pubblici: gli errori di calcolo nella formulazione dell'offerta economica

I principi sanciti dal giudice amministrativo sul potere della Commissione giudicatrice di correggere gli errori di commessi dagli offerenti.

Un Comune calabrese bandiva una gara per l’affidamento di lavori di riqualificazione e adeguamento del porto cittadino. Una delle imprese partecipanti, e non risultata vincitrice, impugnava l’aggiudicazione per due ragioni: da un lato non sarebbe stata esclusa dalla gara la ditta vincitrice, che invece avrebbe formulato un’offerta economica in violazione della lex specialis di gara e, dall’altro, la commissione valutatrice avrebbe indebitamente provveduto a correggere gli errori di calcolo commessi dai concorrenti nella redazione dell’offerta.

Assumeva la ricorrente che, in assenza dei profili di illegittimità denunziati, la gara, svolta secondo il criterio del prezzo più basso (da calcolarsi in ragione dei prezzi unitari offerti per tutte le lavorazioni in cui l’opera si risolveva), avrebbe condotto a individuare una diversa soglia di anomalia e ad assegnare ad essa i lavori.

In particolare si deduceva la mancata compilazione di alcuni campi, sul modello predisposto dall’Amministrazione, il quale si articolava su varie colonne: le ultime tre, da compilare a cura del partecipante, indicavano i prezzi unitari espressi in cifre per ogni lavorazione; i medesimi prezzi unitari espressi in lettere; il prodotto tra i prezzi unitari indicati per ogni singola lavorazione e la quantità richiesta. Ebbene, nell’offerta della ditta risultata poi aggiudicataria, non risultava alcuna indicazione nelle colonne citate per ben due lavorazioni.

Ciò avrebbe dovuto comportare l’esclusione della concorrente, giacché l’offerta economica risulterebbe incompleta; né sarebbe ricostruibile dal raffronto tra la somma dei prezzi indicati nelle voci debitamente compilate e il prezzo globale, come invece accade nei casi in cui l’omissione riguardi una singola lavorazione.

Il TAR Calabria (Catanzaro, I Sez.) con sentenza n. 338 del 7 febbraio 2018, ha rigettato il ricorso.

Secondo i giudici aditi, infatti, se è vero che l'omissione di una voce può essere tale da comunque consentire - in sede di esame dell'offerta - la ricostruzione senza margini di opinabilità della volontà dell'offerente, mediante il raffronto fra la somma dei prezzi unitari ed il prezzo globale, non è men vero che una tale operazione matematica non può essere utile dove vi siano da ricostruire più voci, riguardo alle quali spetta soltanto all'offerente graduare quanto richiedere in relazione a ciascuna, trattandosi di valutazioni espressive di scelte tecniche ed economiche sue proprie, insurrogabili dall'ufficio. Di conseguenza, più omissioni riscontrate in sede di gara hanno carattere essenziale e irrimediabile d'ufficio, per il suo importo e per l'obiettiva incertezza che provoca in ordine all'effettivo contenuto delle voci dell'offerta presentata dall'appellante.

L’esame dell’offerta della vincitrice, però, rivelava che le due voci non compilate erano quelle relative al "sovrapprezzo" per gli scogli di seconda categoria ed al "sovrapprezzo" per gli scogli di terza categoria, di cui è stato tuttavia puntualmente indicato il prezzo unitario.

L’omessa indicazione delle due voci di costo, allora, non determina alcuna incertezza nell’identificazione dell’offerta economica della società concorrente, potendosi agevolmente e ragionevolmente inferire che essa ha escluso l’applicazione di un sovrapprezzo nella fornitura e posa in opera di scogli di seconda e terza categoria.

Correttamente, quindi, la commissione di valutazione non ha disposto l’esclusione del concorrente, ma ha piuttosto ritenuto che l’omessa indicazione della voce di prezzo equivalesse all’indicazione del prezzo unitario di € 0,00.

Nello scrutinare, poi, il secondo motivo di ricorso, che riguardava invece le correzioni che la commissione valutatrice ha apportato alle offerte di numerosi concorrenti, emendando gli errori di calcolo, il TAR ha rilevato che il seggio era autorizzato da apposita norma del disciplinare di gara, in cui si legge che “il soggetto che presiede la gara (…) provvede a verificare: la correttezza dei conteggi nelle liste presentate dai concorrenti e, correggendo, ove si riscontrano errori di calcolo, le somme, i prodotti e i ribassi. In caso di discordanza provvede alla loro correzione e su quella rettifica determina le procedure di calcolo delle soglie di anomalia”.

La previsione riportata, chiara e puntuale, non si poneva allora in contrasto con il tenore del bando secondo cui il calcolo delle medie e l’individuazione della soglia di anomalia si doveva basare sull’offerta economica dei concorrenti.

Infatti, l’Amministrazione non ha certo sostituito l’offerta formulata dai singoli concorrenti, ma si è limitata a correggere gli errori di calcolo riscontrati.

La sentenza ha escluso che la clausola del disciplinare di gara si poneva in contrasto con i principi di evidenza pubblica: al contrario, è principio consolidato quello per cui le offerte di gara, intese come atto negoziale, sono suscettibili di essere interpretate alla ricerca dell'effettiva volontà del dichiarante, con la conseguenza che tale attività interpretativa può consistere anche nella individuazione e nella rettifica di eventuali errori di scritturazione e di calcolo e a condizione che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, e, comunque, senza attingere a fonti di conoscenza estranee all'offerta medesima né a dichiarazioni integrative o rettificative dell'offerente, che non sono ammesse.

Fonte: Massimario G.A.R.I.

Rodolfo Murra

(13 febbraio 2018)

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