Consiglio di Stato
Nessun appartenente alla Polizia può prendere posizioni politiche
Imparzialità nello svolgimento delle funzioni e divieto di propaganda nell'interpretazione giurisprudenziale dell'art. 81 della legge n. 121/1981.
Siamo nel corso delle elezioni amministrative di un piccolo Comune e nel cui Commissariato presta servizio un funzionario di Polizia di Stato il quale - convinto fautore dell'esigenza di tutelare l’integrità delle aree naturali e presidente di un'associazione ambientalista - con un articolo pubblicato sul quotidiano locale prendeva pubblicamente ed esplicitamente posizione a favore dello schieramento di sinistra, dolendosi della presenza di alcune contraddizioni nello schieramento di centro destra.
Il Questore, informato della pubblicazione di tale articolo da organi investigativi, riteneva la condotta del poliziotto in contrasto con l’art. 81 della legge n.121/1981, che impone agli appartenenti alle Forze di Polizia di mantenersi in ogni circostanza al di fuori delle competizioni politiche e vieta loro di assumere comportamenti che compromettano l’assoluta imparzialità nello svolgimento delle loro funzioni, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni ed organizzazioni politiche.
Al Poliziotto venivano, quindi, comminate due sanzioni disciplinari: la prima con decreto del 2000 del richiamo scritto e la seconda nel 2003 della pena pecuniaria dei 2/30 degli emolumenti mensili.
Il TAR dava ragione al Poliziotto ed annullava la pena pecuniaria, affermando che “l’interpretazione dell’art.81 della legge n. 121/1981, deve avvenire in senso conforme alle norme costituzionali sui diritti fondamentali previsti dagli artt. 18 e 21 della Costituzione" pertanto “non si poteva rimproverare al ricorrente di avere preso parte ad una competizione politica né può ritenersi che avere stilato l’articolo in discussione ne abbia compromesso le funzioni (di funzionario di PS)".
Per il TAR, infine, non si trattava neppure di una manifestazione di un’organizzazione o associazione politica in quanto l’associazione nel cui nome il poliziotto aveva sottoscritto l’articolo non era strettamente politica, ma latu sensu socio-culturale, e più specificamente, al più, ambientalista, che, in quanto tale, non prende parte alla competizione elettorale, ma è interessata a che la parte politica vincitrice inserisca nel programma la realizzazione dell’ente che è ragione e ispirazione della fondazione della associazione stessa. In tale quadro il TAR ha ritenuto che la pubblicazione dello scritto costituisca manifestazione di pensiero e di espressione di tale libertà nell’ambito di una formazione sociale di cui all’art. 2 della Carta Costituzionale.
A distanza di 14 anni la vicenda viene definitivamente conclusa dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato che con sentenza del 14 agosto ha accolto l'appello proposto dal Ministero dell'Interno annullando la sentenza del TAR.
I giudici di Palazzo Spada, dopo un'attenda ricostruzione dei profili oggettivi e soggettivi della vicenda hanno rilevato come, contrariamente a quanto affermato dal giudice di prime cure, l'articolo in contestazione, lungi dal costituire una “manifestazione di pensiero e di espressione di tale libertà nell’ambito di una formazione sociale di cui all’art. 2 della Carta costituzionale”, invece configura, almeno nelle espressioni conclusive (….il centro sin. pare pensare, giustamente, al futuro del paese in termini più moderni…) un chiaro sostegno allo schieramento elettorale del centrosinistra ed una implicita, ma univoca, propaganda nello stesso senso, in vista delle imminenti elezioni, quando, nella conclusione, viene auspicato che i cittadini “salgano pure loro sul treno dello sviluppo...e la smettano di farsi ammaliare....”.
Enrico Michetti
La Direzione
(16 agosto 2014)
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