CONSIGLIO DI STATO
Cavallo da corsa dopato: la sanzione disciplinare all'allenatore
I giudici applicano le norme tecniche (dell'Unire) anche se prive di approvazione ministeriale.
La Commissione di disciplina per le Corse e le Manifestazioni ippiche insediata presso il Ministero delle politiche agricole irrogava ad un allenatore ippico la sospensione dalla qualifica per 12 mesi (oltre alla multa di € 3.000), per la positività del proprio cavallo, ad una sostanza metabolita della cocaina (vale a dire la benzoilecgonina, cioè il prodotto terminale del metabolismo risultante dalla degradazione della cocaina al termine del complesso sistema di reazioni di biosintesi all’interno dell’organismo). La Commissione di appello confermava la decisione.
L’allenatore proponeva ricorso al TAR contro questa seconda decisione, ma il gravame veniva respinto, ancorché il Collegio avesse riconosciuto che la quantità di sostanza stupefacente non fosse analiticamente indicata. A questo punto l’allenatore adiva il Consiglio di Stato contestando l’illogicità delle conclusioni cui era pervenuto il Tribunale, il quale aveva anche rigettato la domanda risarcitoria (quantificata in 121.000 Euro).
Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato con apposita memoria in data con la quale ha contestato analiticamente le conclusioni dell’appellante, allegando altresì una relazione del veterinario responsabile dell’Ufficio Antidoping.
L’appellante censurava la parte della sentenza che concerneva le metodiche utilizzate per la rilevazione della sostanza in contestazione. In particolare lamentava l’illogicità e il travisamento dei fatti della decisione sia in quanto i controlli antidoping prevedrebbero analisi con il metodo “qualitativo” per tutte le sostanze, tranne quella di cui in discorso, sia in quanto, nel caso della metabolita della cocaina, il limite internazionale è fissato a 20 ng/ml, che sarebbe la soglia massima di tolleranza rispetto alla quale dunque, non sussisterebbe la positività dell’animale.
Con distinta censura l’allenatore ha sostenuto che, erroneamente, la sentenza avrebbe indicato come “questione dirimente” le “metodiche utilizzate per effettuare la rilevazione della sostanza” e le avrebbe individuate nella c.d. analisi semi-quantitativa
Il Consiglio di Stato, III Sezione, ha respinto l’appello con decisione n. 6573 del 21 ottobre 2018.
Il Collegio di appello ha preliminarmente osservato che relativamente alla disciplina da applicarsi nella specie è corretto il riferimento alla delibera del Consiglio di Amministrazione dell’U.N.I.R.E., adottata il 16 marzo 2009, di modifica dell’All. 2 al Regolamento per il controllo sull’uso delle sostanze proibite (approvato con d.m. n. 797 del 16 gennaio 2002), che prevede, quale soglia di punibilità un valore di 20 ng/ml.
Sebbene la delibera in questione non risulti munita dell’approvazione ministeriale, e dunque non sia efficace sotto un profilo giuridico-formale, l’indicazione della menzionata soglia di punibilità deve ritenersi espressione di una valutazione tecnico-scientifica (perfettamente coincidente con quella approvata dall’E.H.S.L.C. - European Horserace Scientific Liaison Committee, organismo indipendente per l’armonizzazione in settori tecnici e per la cooperazione nella ricerca al contrasto dell'uso illegale di sostanze nelle corse). Per il Consiglio di Stato, trattandosi nel caso di specie di norme tecniche di carattere sportivo non è necessario il formale recepimento sul piano regolamentare, in quanto queste vengano concordate con votazioni a livello europeo cui partecipano tutti i numerosissimi aderenti al sistema europeo.
Ciò posto, al Collegio è apparso fondamentale ed insuperabile che nel caso in esame il valore riscontrato in concreto superava di più di tre volte il limite dei 20 ng/ml.
Inoltre è stato rilevato che, sulla base della comune esperienza, il valore di ben 70ng/ml tra l’altro costituisce un dato talmente elevato, da far escludere, in assenza di una qualsiasi prova contraria (nella specie non offerta), la configurabilità di un’ipotesi di contaminazione ambientale (attraverso alimenti, nei box di transito e/o di isolamento, durante la fase di caricamento e trasporto, ecc.) come ha tentato di insinuare l’appellante.
In linea generale, sul piano del ragionevole grado di probabilità, appare perlomeno singolare che un cavallo da competizione possa entrare casualmente in contatto con quantità consistenti di cocaina nell’ambito della stalla ovvero sui campi di gara.
In definitiva non sono sorti dubbi che in base alle risultanze del processo i valori di benzoilecgonina accertati inequivocabilmente (in entrambi i test ai quali l’animale è stato sottoposto), dimostravano il superamento del limite previsto, e di conseguenza la legittimità della sanzione impugnata, fondata su un valore di sostanza dopante potenzialmente pericoloso per la salute del cavallo.
Rodolfo Murra
(4 dicembre 2018)
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