Crisi economica
Renzi: "l'eurozona é in stagnazione".
In sostanza, ce la dovremo sbrigare da soli
Eurostat ha fotografato un'economia europea vicina allo stallo, con la Germania che per la prima volta dal 2012 vede contrarsi il suo Pil (-0,2).
Nel suo odierno tour in alcune città del Meridione, il Premier ha sottolineato più volte che “l’eurozona vive una fase di stagnazione”. In effetti -e ne danno notizia Adnkronos e Reuters- anche la locomotiva tedesca è stata costretta a rallentare, denunciando una contrazione del Pil dello 0,2% nel secondo trimestre del 2014, al di sotto delle previsioni della stessa Bundesbank.
Eurostat ha fotografato la preoccupante situazione, rilevando una crescita zero in Francia, dove si attendevano dati leggermente migliori e confermando, invece, i numeri del primo trimestre. Il dato ha immediatamente costretto il Governo di Parigi ad annunciare che non sarà in grado di mantenere “l’obiettivo del deficit di bilancio” neanche nel 2014. Conseguentemente, le previsioni di crescita sono state “dimezzate”, dall’1% previsto ad un più modesto 0,5%; sempre ammesso che riesca a mantenere anche questo obiettivo.
Dopo la Germania e la Francia, in ordine, la terza economia più importante dell’eurozona è l’Italia, dove come sappiamo le cose vanno ancora peggio di quanto ci si aspettasse, secondo i dati annunciati la settimana scorsa dall’Istat. C’è da augurarsi che nessuno abbia la pessima idea di “consolarsi” all’insegna del “mal comune mezzo gaudio”, perché né la Francia, né soprattutto la Germania, si trovano nelle condizioni dell’Economia italiana.
E’ vero che i principali indicatori macroeconomici cominciano a lanciare segnali d’allarme anche nel resto dell’eurozona; ma nessuno -tra i Paesi con le economie più grandi- si trova con il debito pubblico stratosferico dell’Italia, unito alla fase di “recessione tecnica”, ad un alto tasso di disoccupazione generale (mentre è altissima quella giovanile), una giustizia lentissima, un mercato del lavoro bloccato, un livello di “competitività”ai minimi termini; insomma : un “Sistema Paese” che non funziona.
Questo solo per chiarire che sarebbe una pessima idea abbassare la guardia solo perché anche le altre economie più forti sono in difficoltà. Anzi, questo, semmai, dovrebbe alzare ulteriormente il livello di preoccupazione e spingere ancora di più sul terreno delle riforme strutturali, per far ripartire un Paese bloccato.
Del resto, non c’è da aspettarsi alcun tipo di solidarietà dai partner europei, se si pensa che il capo della Bundesbank (che sicuramente non è “isolato” a Berlino) ha già risposto picche al Ministro delle Finanze francese Michel Sapin, che aveva chiesto alla UE di “adottare una politica monetaria adeguata ad una situazione eccezionale di crescita debole e bassa inflazione nell’intera zona euro”. In pratica, si tratta di un ragionamento simile a quello di Renzi, che da mesi chiede “flessibilità”.
Secondo il Presidente della Bundesbank, Weidmann, -che il mese scorso aveva polemizzato con Matteo Renzi, contestando alcune frasi del suo intervento a Strasburgo, in occasione dell’inizio del semestre di presidenza italiana della UE- “la politica monetaria della zona euro non dovrebbe puntare ad indebolire la moneta unica; e i singoli Stati membri”, ha proseguito il capo della Bundesbank, “dovrebbero fare passi propri per spingere la crescita”.
E’ una risposta diretta alla richiesta di “maggiore flessibilità” che arriva da Parigi, ma in pratica “il consiglio” è indirizzato anche a Roma.
Gli analisti sono pessimisti, perché le sanzioni imposte alla Russia e la ritorsione decisa da Putin (che ha vietato l’importazione di molti alimenti), finiranno inevitabilmente per costituire un ulteriore freno alla crescita già bassa dell’eurozona.
A fronte di questa persistente rigidità della Germania, la Bce continua ad annunciare di voler mettere in atto interventi “non convenzionali” a sostegno della crescita; al momento, tuttavia, le misure adottate si sono limitate ad abbassare i tassi, incentivando il credito a famiglie e imprese. Peraltro, senza alcun risultato concreto.
In pratica, il segnale che ci arriva da Bruxelles, da Berlino e, tutto sommato, anche da Francoforte (sede della Bce), è che i nostri problemi ce li dovremo risolvere da soli. E, a quanto sembra, il nostro Presidente del Consiglio questo l’ha capito perfettamente.
Moreno Morando
(14 agosto 2014)
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