Antimafia
Perde l'appalto per una interdittiva rivelatasi illegittima ma non gli spetta il risarcimento del danno
I principi sanciti nella sentenza del Consiglio di Stato.
Una società, affidataria di un appalto integrato per la progettazione esecutiva e l’esecuzione delle opere di adeguamento di un impianto di potabilizzazione in un Comune sardo, subiva la revoca dell’affidamento per effetto di un’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Napoli. Dopo qualche tempo quel provvedimento prefettizio veniva annullato dal TAR Campania con pronuncia poi divenuta irrevocabile. A questo punto la società adiva il TAR Sardegna per ottenere il risarcimento dei danni subiti da una revoca ritenuta illegittima perché conseguente ad un provvedimento, sul quale esclusivamente si fondava, che era stato annullato dal giudice amministrativo.
Il TAR a giugno 2017 dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di legittimazione attiva, in quanto medio tempore aveva ceduto l’azienda ad altra impresa, e la società allora si rivolgeva al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato, Sez. III, con sentenza 6 marzo 2018 rigettava l’appello: la pronuncia, pur condividendo le affermazioni che il giudice di primo grado aveva svolto in ordine al profilo della carenza di legittimazione per intervenuta cessione di azienda, ha voluto egualmente – per completezza – scrutinare il tema della risarcibilità del danno conseguente ad una illegittima informativa antimafia. Aspetto che caratterizza quindi la decisione in commento.
I giudici di Palazzo Spada hanno innanzitutto premesso che il risarcimento del danno non è una conseguenza diretta e costante dell’annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo in quanto richiede la positiva verifica, oltre che della lesione della situazione giuridica soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, anche del nesso causale tra l’illecito e il danno subito, nonché della sussistenza della colpa o del dolo dell’Amministrazione. Ciò posto, si è osservato che la configurabilità degli estremi della colpa dell’Amministrazione nell’adozione delle informative antimafia dev’essere scrutinata in coerenza con la funzione, con la natura e con i contenuti delle relative misure.
Andrà, in particolare, riconosciuto il dovuto rilievo alla portata della regola di azione, alla quale devono rispondere i Prefetti nell’esercizio della potestà in questione, che – secondo la Sezione – “si rivela particolarmente sfuggente e di difficile decifrazione”.
Ad ogni modo il Collegio ha ritenuto che, nel caso concreto sottoposto al suo esame, l’informativa antimafia di cui trattasi – pur ritenuta illegittima – non trasmodava in provvedimento illecito, foriero di danno risarcibile ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ. secondo i dettami della costante giurisprudenza formatasi in materia.
Infatti, nella fattispecie, l’informativa di cui si discuteva era stata annullata da una sentenza resa in un diverso giudizio (anche se avente ad oggetto il medesimo provvedimento), perché fondata sul rinvio a giudizio dell’amministratore della società per il reato di traffico illecito di rifiuti, considerato tuttavia eccessivamente risalente nel tempo.
Si tratta all’evidenza di una conclusione dalla quale, anche alla luce della natura di reato “spia” del fatto posto a fondamento dell’interdittiva e dell’ampia discrezionalità che in materia compete al Prefetto, non è parso al Supremo Consesso di potersi ricavare gli estremi della colpa in capo all’Amministrazione procedente. Colpa, poi, da escludersi pacificamente in capo alla stazione appaltante poiché la revoca dell’assegnazione provvisoria doveva, allo stato, ritenersi un atto dovuto proprio perché frutto diretto della stessa interdittiva.
Fonte: Massimario G.A.R.I.
Rodolfo Murra
(18 marzo 2018)
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